Il diritto al risarcimento del paziente danneggiato che abbia esperito la consulenza ex art. 696 bis c.p.c. non può dar luogo ad un provvedimento ex art. 700 c.p.c. nei confronti della struttura sanitaria

Il diritto al risarcimento del paziente danneggiato che abbia esperito la consulenza ex art. 696 bis c.p.c. non può dar luogo ad un provvedimento ex art. 700 c.p.c. nei confronti della struttura sanitaria
18 Gennaio 2019: Il diritto al risarcimento del paziente danneggiato che abbia esperito la consulenza ex art. 696 bis c.p.c. non può dar luogo ad un provvedimento ex art. 700 c.p.c. nei confronti della struttura sanitaria 18 Gennaio 2019

Con un’ordinanza resa in data 13 novembre 2018, il Tribunale di Treviso ha rigettato il ricorso che un paziente aveva proposto (in pendenza di una causa di merito) contro un’Azienda sanitaria, sostenendo, quanto al fumus boni juris, che la responsabilità di quest’ultima e la quantificazione erano provate dalla consulenza tecnica conciliativa e, relativamente al perichulum in mora, una situazione patrimoniale connotata dal suo licenziamento per superamento del periodo di comporto a seguito dei postumi e dall’aver quale unico reddito un assegno di invalidità dell’IPS pari ad € 267,26 netti, tale cioè da precludere di “un tenore di vita dignitoso nelle more del procedimento di cognizione”, con conseguente “pregiudizio ai diritti fondamentali a un’esistenza libera e dignitosa e alla salute, garantiti dalla Costituzione”.

L’Azienda sanitaria si era costituita nel procedimento cautelare così radicato rinnovando la contestazione dell’an debeatur ed opponendo “la mancata ripartizione delle eventuali responsabilità” in capo non solo a sé stessa, ma anche ad altri corresponsabili, tale, a suo dire, da impedire “l’accoglimento di domande di condanne generalizzate e fin troppo semplicisticamente proposte facendo leva sul meccanismo della solidarietà dal lato passivo dell’obbligazione”.

Il Giudice Designato ha preliminarmente osservato che “la tutela di urgenza ex art. 700 cod. proc. civ.”, inizialmente “limitata ai soli diritti reali” è stata da tempo estesa anche “a tutela dei diritti di credito”, potendo assumere “anche contenuto anticipatorio-sattisfattivo… rispetto alla sentenza di condanna”.

In proposito si evidenzia che, per la precisione, “il diritto di credito non è quasi mai tutelato per sé stesso” dalla giurisprudenza di merito affermatasi nel tempo, perché “in genere il pregiudizio che si tutela non è quello proprio del credito, bensì un altro, rispetto al quale il diritto di credito è strumentalmente connesso” (Bertollini, Codice di procedura civile commentario, Torino, 2018, IV, 492).

Pur ritenendo quindi ammissibile in astratto l’anzidetta tutela cautelare per i diritti di credito, il Tribunale la in concreto negata, nel caso di specie, sostenendo che, per quanto attiene alle “prestazioni di dare”, essa sarebbe concedibile solo a condizione “che il suo contenuto sia determinato”.

A dire del Giudice trevigiano, rileverebbe quindi, a tal fine, la distinzione “fra debiti di valuta, nei quali l’oggetto dell’obbligazione costituisce, ab origine, in una somma di denaro di importo determinato ovvero determinabile mediante operazioni aritmetiche, e debiti di valore, i quali non hanno per oggetto una somma di danaro determinata o agevolmente determinabile bensì l’equivalente del controvalore in denaro di un determinato bene”.

Poiché quella addotta dal ricorrente a sostegno della propria istanza era una “obbligazione risarcitoria”, per definizione tale da dar luogo ad un “debito di valore”, mancava “la liquidazione del danno”, che non poteva consistere nell’”auto quantificazione compiuta dal ricorrente sulla base delle determinazioni del CTU”, ma sarebbe potuto avvenire “solo a seguito dell’istruttoria e qualora si accerti l’an debeatur”.

Si tratta di un’interpretazione indubbiamente innovativa, posto che solitamente, nella giurisprudenza di merito, si è soliti attribuire invece autonoma rilevanza alla lesione del diritto di credito, ai fini della concessione di un provvedimento d’urgenza, ogniqualvolta sussista “uno scarto intollerabile tra danno subito e danno risarcito” [Trib. Catanzaro 10.2.2012, www.Ilcaso.it; T Milano 14.8.1997, FI 1998], mentre in proposito la dottrina sottolinea la necessità di “una attentissima analisi della fondatezza della domanda di merito” (CONSOLO, Processo cautelare fra garanzie ritrovate ed effettività a rischio, Il corriere giuridico, 1996, 299 e 304).

Il rigetto del ricorso, così motivato, ha reso irrilevante la trattazione delle difese addotte dall’Azienda sanitaria, in merito alle quali l’ordinanza si è pure esplicitamente pronunciata dichiaratamente “a titolo di obiter dictum”.

 

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